Un’escalation di situazioni complesse ha acceso recentemente i riflettori su una delle piazze più controverse di Alba, da almeno dieci anni teatro di movida, arte, attività politiche e situazioni di tensione sociale. Per comprendere la storia e le energie che circolano in Piazza Pertinace e più in generale nel quartiere San Giovanni occorre compiere un balzo nel passato. Da oltre un secolo gli ampi spazi ciottolati sono utilizzati come mercato cittadino e già dai primi del ‘900 parte della piazza diviene area di sosta per cavalli e calessi provenienti dalle colline. Si narra inoltre, che alcune carovane nomadi, durante alcuni periodi dell’anno fossero solite sostare nella piazza. Pinot Gallizio e gli esponenti del situazionismo, progettando New Babylon, [una città utopica, attiva artisticamente nella quale, tramite performance e creatività diretta, i cittadini si sarebbero presi cura del bene comune] ipotizzano di portare l’arte industriale nelle piazze di Alba – le popolazioni sinti sono le prime coinvolte, in un processo che (purtroppo) non trovò mai vera concretezza. In altre parole il fermento culturale a metà secolo è ascendente e con l’industrializzazione del nord Italia, con la migrazione meridionale la multiculturalità aumenta: il quartiere diviene una sorta di ghetto dormitorio per operai, anche a fronte del fatto che nelle altre borgate rurali cittadine gli immigrati incontrano razzismo sottoforma di cartelli ‘Anti-meridionali’.
E in un contesto ossimorico, dal sapore periferico ma in pieno centro, ignorato o dimenticato dalle istituzioni, non mancano bordelli, bische e contrabbandi di vario genere, oltre a botteghe e laboratori gestiti in prevalenza da autoctoni. Dal 2000, con un rapido processo di gentrificazione, fioccano bar, pub e osterie (solo in piazza si contano sei locali); il quartiere è diventato, oltre a meta turistica, area di ritrovo per giovani e giovanissimi. L’eccezione del contesto pseudo borghese è il bistrot dei sognatori, locale storico chiuso quest’anno (ora i Malpensanti), che ha da sempre proposto un’alternativa culturale e politica lontana dal perbenismo e dal bigottismo democristiano imperante ad Alba, tamponando l’assenza di luoghi alternativi, sociali e conflittuali sul territorio.
Un centro sociale, inoltre, il Laboratorio Sociale Chabas, ha aperto dal 2018 al 2020 a ducento metri di distanza. Un quartiere frizzante, insomma.
Tornando al tema centrale dell’articolo, parlando della situazione presente, più precisamente dell’estate 2021, spicca un articolo apparso sul Corriere di Alba Bra Langhe e Roero dal titolo “Stop alla movida in Sangiovanni”. Si parla di un presunto rave illegale (si scoprirà poi trattarsi di una cassa bluethoot) e di perquisizioni; assessori e responsabili di quartiere invocano maggiore controllo e sicurezza. Un frequentatore della piazza, in seguito all’esposizione mediatica scrive:
“E’ una delle poche piazze di Alba, se non l’unica, aperta e libera. Libera perchè non colonizzata da dehors, aperta perchè, accogliente e familiare. Ma soprattutto è viva. Perché lo scambio e l’interazione tra le persone avviene in maniera spontanea.
A differenza di altre piazze in cui a decidere chi può accedere allo spazio pubblico
Chiunque, che consumi o non consumi, può sedersi e vivere la piazza” e il collettivo
Mononoke tuona: “Le accuse si fondano su presupposti erronei e semplificazioni strumentalizzanti: si vuole stigmatizzare un luogo pubblico colmo di energie e di vita.
Al posto di strutturare e investire su progetti di supporto sociale, al posto di ammettere ’assenza di spazi sociali, è più semplice puntare il dito, invocare l’uso della forza o vomitare odio”.
La gonfiatura di questo fatto, insieme con alcune risse tra gruppi di giovanissimi, e alle conseguenti lamentele del vicinato sono state la miccia scatenante una serie di perquisizioni e di controlli serrati, secondo testimonianze, nei confronti dell’ala più alternativa della piazza, composta da artisti, ravers, giocolieri, studenti e attivisti. Un tavolo tra esercenti e Comune ha prodotto la richiesta di maggiori controlli, ipotizzando la permanenza di una pattuglia durante il weekend. Nelle prime settimane di luglio, come riporta Non una di meno Alba, alcune attiviste hanno deciso di affiggere sulla targa del presidente della regione Alberto Cirio un foglio di carta: “la nostra azione però, è stata prontamente bloccata da un agente in borghese attraverso l’utilizzo della forza su una compagna, successivamente sono accorsi altre due pattuglie di carabinieri. Il dispiegamento delle forze dell’ordine per un foglio di carta attaccato con lo scotch è stato enorme”. Anche ad Alba, concludendo, la tendenza istituzionale è quella securitaria adottata su scala nazionale (si pensi a Santa Giulia, Pigneto, le piazza di Bologna o Firenze), e si basa sull’attacco nei confronti dei soggetti scomodi, che in questo caso rovinano l’immagine vetrinizzata o infastidiscono chi ha pagato milioni di euro un attico in centro storico. La miopia di questo metodo d’azione risulta scontata e sappiamo che esistono innumerevoli opzioni sociali lontane dall’ottica di militarizzazione per convogliare le energie di un quartiere da sempre culturalmente eterogeneo e carico d’esperienze.