Raccogliamo alcuni aggiornamenti e comunicati a proposito di Musa Balde, ventitreenne morto il 22 maggio nel Centro di permanenza per rimpatri di Corso Brunelleschi, Torino. Un episodio inaccettabile, che dimostra la crudeltà e l’inefficenza di un sistema di detenzione e respingimento intrinsecamente razzista e repressivo. I movimenti e i collettivi, i militanti e gli attivisti della capitale piemontese non sono rimasti in silenzio.
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Comunicato Senza Frontiere
Musa: omicidio di Stato al CPR di TorinoMusa Balde aveva 23 anni. Nella notte tra sabato e domenica, è morto nel CPR. Il 9 maggio era a Ventimiglia, fuori da un supermercato dove cercava di racimolare qualche soldo. Tre uomini lo assalgono a calci, pugni e sprangate. Qualcuno fa un video: Musa è a terra, rannicchiato mentre i tre infieriscono su di lui. Una vicenda di violenza razzista come tante: solo la diffusione delle immagini impedisce che il silenzio cali sulla sua storia, perché quelli come Musa raramente hanno la possibilità di raccontare ed essere creduti. Va da se che i media danno ampio spazio alla versione degli assalitori, che lo accusano di tentato furto, come se quest’accusa potesse rendere meno grave un brutale pestaggio.Musa era nato in Guinea: era uno dei tanti che cercano di campare la vita, sperando di riuscire a bucare la frontiera, di proseguire il viaggio, di dare senso al proprio progetto di vita. A Ventimiglia, come sulle montagne piemontesi, il confine è una linea virtuale per chi ha le carte in regola per vivere in Europa. Le porte sono chiuse per i poveri, per i tanti che si mettono in viaggio dall’Africa depredata, colonizzata, desertificata.Il nove maggio Musa viene portato in ospedale: viene dimesso il giorno stesso, senza che gli vengano consegnati i fogli con la diagnosi. Trascorre la notte in cella di sicurezza. Il mattino successivo viene portato a Torino, dove, dopo l’udienza di convalida, viene rinchiuso al CPR di corso Brunelleschi. Tra i tanti fogli che gli fanno firmare non c’è nulla sul pestaggio subito.Finisce presto in isolamento. Probabilmente lo hanno messo nel cosiddetto “ospedaletto”, un’area del CPR a ridosso del muro dove ci sono celle singole simili a pollai. Niente a che fare con un ospedale. Nonostante le vistose ferite al volto, Musa non viene mai visitato.Il suo avvocato lo ha incontrato due volte e gli è parso molto giù, incapace di capire perché lo avessero imprigionato, dopo aver subito un’aggressione. La ragione è banale: la sua rapida deportazione avrebbe reso molto difficile il processo contro i suoi aggressori. Musa è morto da solo. Secondo i media si tratterebbe di suicidio. Voci che escono dal CPR narrano di un ulteriore pestaggio da parte delle guardie.Un fatto è certo. Siamo di fronte all’ennesima vittima delle frontiere, delle prigioni per senza documenti, della violenza di stato contro le persone razzializzate.Nel CPR è scoppiata la protesta: i prigionieri hanno subito deciso lo sciopero della fame. La notte scorsa sono stati appiccati incendi in due aree della prigione per migranti. In serata sui muri dell’Ufficio Immigrazione della questura di Torino è comparsa la scritta “Musa: omicidio di Stato. Fuoco ai CPR!”La storia del CPR di Torino è segnata da tante vite spezzate… Fathi, Feisal, Musa e i tanti i cui corpi sono segnati dalle botte, dai tagli autoinflitti per sfuggire alla deportazione. Il CPR è una discarica sociale, dove vengono raccolti i nemici di una guerra non dichiarata ma ferocissima. L’Ospedaletto è un non luogo, il nome allude alla cura ma rimanda agli antichi ospitali per poveri. Un lazzaretto per indesiderabili. Ogni giorno le frontiere uccidono. I CPR sono la frontiera in mezzo alle nostre case. A due passi dal loculo dove è morto Musa vivono ragazzi e ragazze della sua stessa età, che hanno avuto la fortuna ed il privilegio di nascere dal lato “giusto” della frontiera. C’è chi crede che questo sia l’ordine del mondo. A quest’ordine non intendiamo rassegnarci. Siamo a fianco di chi lotta nei CPR e lungo confini fatti di nulla che solo la violenza degli Stati rende veri.L’indignazione non basta. Serve mettersi di mezzo. Se un giorno ci chiederanno dove eravamo quando la gente moriva in mare e sui monti, quando nelle nostre città c’erano prigioni per la gente in viaggio, vorremmo poter rispondere che eravamo lì, con gli altri, nella lotta contro tutte le frontiere, gli stati, le galere.
Federazione Anarchica Torinese
Comunicato No Cpr Torino
UN ALTRO MORTO DENTRO AL CPRUN ALTRO MORTO DI STATO.Abbiamo saputo della morte, ieri sera, di un recluso del cpr di corso Brunelleschi. Le circostanze dell’accaduto non sono ancora chiare, da dentro i suoi compagni denunciano un pestaggio da parte della polizia. Quello che è lampante è che si tratta di un’altra morte di Stato dentro quelle infami mura. Questo è l’ennesimo omicidio dello Stato e della macchina delle espulsioni e delle frontiere. Ogni giorno le persone muoiono, cercando di passare un confine o cercando di attraversare il Mediterraneo.Da dentro fanno sapere che hanno iniziato uno sciopero della fame in solidarietà con il ragazzo deceduto.LE FRONTIERE UCCIDONO,IL CPR UCCIDETUTTI LIBERI, TUTTE LIBERE
AGGIORNAMENTO DAL CPR DI TORINO IN RIVOLTA
24.5.2021Abbiamo sentito la voce di alcuni reclusi che con coraggio hanno voluto raccontarci quello che sta accadendo dentro il CPR di Torino.Il ragazzo deceduto nella notte tra sabato e domenica si chiamava Musa Balde, aveva 23 anni ed era originario della Guinea. Il 9 maggio scorso era stato aggredito a colpi di spranghe da tre ragazzi italiani a Ventimiglia, luogo di frontiera, al confine con la Francia. Dopo essere stato massacrato di botte era stato portato in ospedale a Bordighera (Imperia) e dimesso con prognosi di 10 giorni per gravi lesioni ed un trauma facciale. A causa della denuncia in Questura era emersa la sua irregolarità sul territorio nazionale ed era stato portato al CPR di corso Brunelleschi a Torino dove da subito è stato rinchiuso nell’area Rossa insieme ad altri detenuti e successivamente, durante la serata di sabato, portato in isolamento all’interno della sezione denominata “Ospedaletto”. Secondo la testimonianza di un ragazzo, nonostante dimostrasse chiari segni di sofferenza causati dalle lesioni al corpo, Musa Balde non è stato mai visitato da nessun medico o membro del personale medico del CPR. Ci ha raccontato che dopo il trasferimento in isolamento, avvenuto senza una chiara motivazione, lo ha sentito urlare e chiedere l’intervento di un dottore senza mai ricevere una risposta. Domenica mattina la versione del suicidio si è diffusa rapidamente in tutte le aree del centro provocando numerose proteste tra i reclusi a causa del fatto che nessuno di loro ha creduto possibile che Musa Balde si sia potuto suicidare, accusando fin da subito la polizia ed il personale medico del CPR di quanto accaduto. Cosa è accaduto realmente durante la notte non si sa con certezza e probabilmente non si saprà mai anche perchè non c’erano altri compagni in cella con lui. E anche se ci fossero stati sarebbero stati rimpatriati rapidamente per eliminare scomodi testimoni come è già successo dopo la morte di Faisal nel 2019, avvenuto sempre all’interno del CPR di Torino nella stessa sezione di isolamento dove si trovava Musa Balde e nel 2020 dopo la morte di Vakhtang, avvenuto nel CPR di Gradisca di Isonzo. Una cosa però è certa. Ovvero che un altro ragazzo è entrato dentro un Centro di Permanenza per il Rimpatrio con le sue gambe ed è uscito dentro una bara. Ucciso dallo Stato che ha concepito e continua a giustificare questi luoghi infami.I ragazzi reclusi all’interno dell’area Verde e dell’area Blu hanno intrapreso uno sciopero della fame rifiutando il cibo avariato che li viene fornito per protestare contro la morte del loro compagno e contro le condizioni in cui sono costretti.Ieri sera un gruppo di solidali si è presentato sotto le mura del CPR di corso Brunelleschi per urlare la propria rabbia e sostenere chi con coraggio lotta per distruggere la propria gabbia.Nella notte le proteste dei reclusi hanno preso forma con diversi incendi che hanno danneggiato parte dell’area Verde e dell’area Bianca. Seguiranno aggiornamenti.
Articolo di LasciateCi Entrare
di Francesca Mazzuzi – È la notte del 22 maggio 2021, il suo nome è Musa Balde, ha 23 anni ed è originario delle Guinea. È lui l’ennesimo morto di CPR. Si è tolto la vita mentre si trovava in isolamento nel CPR di Torino, nel famigerato “ospedaletto”, anche se il nome richiama l’assistenza sanitaria, in realtà si tratta di celle, lontane dall’infermeria, da cui difficilmente si riesce a chiamare eventuali soccorsi. Il 9 maggio Balde ha subito una violenta aggressione a Ventimiglia, tre cittadini italiani lo hanno preso a colpi di spranga e bastone, pare in seguito al tentato furto di un telefono. Un video diffuso sui social mostra il brutale pestaggio, mentre chi registra il video dalla finestra di un palazzo urla “lo ammazza”, “lo ammazzano”, “lo sta ammazzando, scendete!”.I tre italiani sono stati denunciati per lesioni, mentre Balde, la vittima, già destinatario di un provvedimento di espulsione, sembrerebbe essere stato prelevato direttamente dall’ospedale e portato al Cpr di corso Brunelleschi.Balde non riusciva a capire perché fosse stato rinchiuso in quella struttura. L’ultima persona ad avere parlato con lui è stato il suo avvocato difensore, Gianluca Vitale che, notando la fragilità del suo stato psicologico aveva infatti chiesto una perizia a un importante centro che si occupa di vulnerabilità psichica dei migranti.Balde non ce l’ha fatta, non ha resistito e sabato notte si è tolto la vita.Ma non è il primo morto nel CPR di Torino nell’area dell’ospedaletto, ricordiamo Hossain Faisal, bengalese di 32 anni, vittima di violenza all’interno dello stesso centro e posto in isolamento punitivo per 22 giorni, senza possibilità di chiedere aiuto visto che i campanelli di allarme vicino ai letti non erano funzionati. Venne trovato morto tra 7 e l’8 luglio 2019, per arresto cardiaco, si dirà.I Cpr sono luoghi in cui si viene ingoiati spesso senza capire cosa stia succedendo, a volte per una sciocchezza. Il 10 luglio 2020 un giovane albanese, incensurato, si appropria di una bicicletta incustodita dopo avere bevuto un po’ a una festa di compleanno. Dopo l’intervento delle forze dell’ordine viene arrestato per resistenza, sebbene passiva, patteggia un anno con liberazione immediata e sospensione della pena, ma una volta liberato viene immediatamente portato nel CPR di Gradisca perché i suoi documenti erano scaduti. Dopo pochi giorni, Orgest Turia albanese di 28 anni, è stato trovato senza vita in una cella di isolamento in cui si trovava per il periodo di quarantena, mentre il suo compagno di cella, cittadino marocchino, era in stato di incoscienza. L’autopsia ha accertato la causa della morte per un’overdose di metadone. L’avvocato difensore incaricato dalla famiglia ha sollevato perplessità su come il giovane potesse essere entrato in possesso di quella sostanza e per di più in quantità tale da provocare la morte. Ma questa domanda attende ancora una risposta.Le condizioni di vita all’interno dei CPR, strutture pubbliche gestite da privati, mettono ordinariamente a dura prova la capacità di resistenza psicologica di chi vi viene recluso, condizioni che spezzano una persona la cui vulnerabilità e sofferenza non viene riconosciuta.Esattamente come è accaduto a Harry, ventenne cittadino nigeriano che si è tolto la vita nel CPR di Brindisi Restinco, tra l’1 e il 2 giugno del 2019. Harry aveva un problema psichiatrico, ma nessuno ne aveva tenuto conto, nonostante le relazioni dei medici che lo avevano incontrato in precedenza e i solleciti da parte di LasciateCIEntrare affinché fosse trasferito in luogo idoneo, data l’incompatibilità delle sue condizioni con il trattenimento in un CPR. Ma Harry non è stato tutelato in vita, e nessuno è risultato responsabile per la sua morte. Nessuna autopsia è stata disposta, ma è stato, invece, frettolosamente sepolto il 3 giugno.Da vent’anni si ha la consapevolezza che i centri di detenzione amministrativa per gli stranieri sono istituti di privazione dei diritti fondamentali della persona, in cui chi vi entra diventa invisibile e non gode del trattamento che spetta a ogni essere umano. Ed ecco la notizia dell’ennesima morte. Secondo quanto riportato dalla stampa, gli accertamenti dei fatti accaduti sabato notte saranno affidati agli agenti della questura di Torino, la stessa autorità responsabile della sicurezza interna del CPR.Chiediamo che le indagini siano effettuate con la massima trasparenza e ci auguriamo che i familiari possano verificarne l’andamento per giungere alla verità. Sono troppe le morti nei CPR dichiarate “naturali”, troppe le cause di morte rimaste senza risposta.Chiediamo verità e giustizia per Balde e per tutti i morti di CPR.
Comunicato Sportello Il-legale
IL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI HA UCCISO ANCORA.
Nella notte tra il 22 e il 23 maggio, Musa Balde, un giovane di 23 anni originario della Guinea, È MORTO nel Centro di detenzione per migranti di Torino.La versione fornita dalle forze dell’ordine parla di suicidio tramite impiccagione all’interno dell’ospedaletto, struttura dedicata all’isolamento sanitario e punitivo. Le dinamiche del decesso come sempre risultano poco chiare e la morte del ragazzo è avvolta nel solito velo di omertà da parte della polizia e dell’ente gestore Gepsa. Una morte avvenuta in isolamento e senza cure, nonostante le richieste di aiuto.I suoi compagni denunciano con forza questa situazione e hanno iniziato uno sciopero della fame e protestano dando alle fiamme parti della struttura.A rendere questa vicenda ancora più tragica è l’aggressione razzista a colpi di spranghe subita da Musa a Ventimiglia, città in cui si trovava per sconfinare in Francia, qualche giorno prima di essere rinchiuso in corso Brunelleschi. Il ragazzo infatti è stato portato al Cpr di Torino direttamente dall’ospedale di Imperia.Non é la prima volta che un prigioniero muore dentro un cpr. queste strutture, come le frontiere, sono fatte per annientare quelle persone che lo stato non ritiene desiderabili. Vogliamo chiarezza sul decesso, vogliamo che questo spazio di oppressione e repressione chiuda per sempre, vogliamo che le leggi razziste vengano cancellate.Vogliamo dare dignità alla morte di questo ragazzo perché non sia l’ennesima vita senza volto e senza voce a lasciare quelle mura. Vogliamo far sentire la nostra rabbia perché la sua morte non venga congedata come un caso fortuito, come un incidente senza colpe.Vogliamo far sentire la nostra solidarietà ai ragazzi ancora rinchiusi nel Centro. Per questo saremo sotto quelle infami mura martedì 25 alle 18, a gridare con tutta la rabbia in corpo che i cpr sono lager!CONTRO LE STRAGI DI STATO QUOTIDIANECONTRO LA DETENZIONE AMMINISTRATIVA CHE UCCIDE