Dalla strada, sulla strada spesso avvengono mescolanze e fusioni dal sapore meticcio: nei bassifondi pratiche e stili di vita si legano e generano cambiamenti capaci di influenzare nel corso dei decenni il senso comune e la cultura di massa. Universi differenti con denominatori comuni, trovano forza e determinazione reciprocamente – è il caso della cultura Skate-Punk, radicatasi in California quarant’anni orsono e ancora oggi rappresentata e espressa a livello globale.
Rivolta , D.I.Y , Movimento. Ecco la base su cui si fondano le radici d’un lifestyle composto da mille sfaccettature, nato oppositivo, ma destinato ad essere (in parte) fagocitato da un sistema iper-industrializzato e rivolto univocamente al profitto.
Rivolta: Si immagini un’epoca in cui il più grande conflitto globale è da pochi anni terminato. In gran parte del mondo serpeggia una speranza tumultuosa: dopo decenni di totalitarismi e conflitti, non sembra impossibile costruire un mondo migliore: è forte la tensione verso il dibattito politico e sociale. Stanno germinando i movimenti operai e studenteschi, la guerra fredda aleggia come un fantasma e le nuove tecnologie iniziano a diffondersi: gli stati stanno industrializzando in modo massiccio, la maculare migrazione dalle campagne alla città cominciata nell’800, diviene totale e coinvolge tutto l’occidente. Una transizione è in atto: in questo frangente l’impeto creativo si sprigiona e si unisce alle richieste di maggiori diritti, di una società equa e libera. In un magma in ebollizione nascono il punk, nel regno Unito e lo skate, negli Usa. Due forme di ribellione figlie della rivoluzione civile e culturale esplosa negli anni ’60-’70, ma destinate a incontrarsi solo vent’anni più tardi.
D.I.Y Dall’inglese Do it yourself è una pratica culturale che privilegia l’autoproduzione e il fai da te, in opposizione ai monopoli dei grandi gruppi industriali e al mercato capitalista, che spinge al consumismo sfrenato le popolazioni.
Lo skateboard nasce dall’idea di alcuni surfisti californiani annoiati dall’assenza di onde: ruote per pattini furono assemblate a tavole da surf e i marciapiedi sostituirono il mare mosso. Da quel momento, grazie all’ auto fabbricazione si spanse a macchia d’olio uno sport di strada spesso odiato e stigmatizzato dalla società benpensante. Ad oggi è riconosciuto anche a livello istituzionale (inserito nella programmazione olimpionica) . Il punk è il padre del D.I.Y. – i dischi indipendenti, il merchandising autoprodotto, il concetto di distro (distribuzione indipendente) maturano nella galassia punk dei primi ’70. Questo spirito di autodeterminazione ha creato i giusti presupposti per creare il fenomeno SkPk.
Movimento 1) Straight edge è una corrente del punk hardcore, nata negli anni ‘70 prevede l’astensionismo dal consumo di droghe e dal sesso occasionale, vicina al veganesimo e al vegeteranesimo, per promuovere uno stile di vita più attivo e engagé. Spesso gli skater-punk hanno aderito a tale pratica di vita.
2) Molte band e personalità conosciute nel panorama skate punk, come da tradizione hardcore/ punk rock, hanno supportato movimenti sociali e rivoluzionari. D’altronde anche in altri contesti, come nel calcio, l’attivismo e la militanza hanno spesso caratterizzato le vite di chi univa musica e sport. (In Italia molti gruppi skate punk nascono nei centri sociali o negli squat)
Da un substrato storico eterogeneo, negli anni ’80 negli Usa nascono band come Jfa, Nofx e Dr. Know: nei testi ci sono le periferie, i problemi dei giovani e le malefatte dei governanti. E soprattutto lo skateboard.
L’estetica skate punk amalgama la provocazione e l’eccesso del punk classico (piercing, creste, dreadlocks, tattoo) all’abbigliamento tipico degli skater. Stesso melange si ritrova nello stile musicale che mantiene l’aggressività Hc (talvolta strizzando l’occhio al metal, allo ska e al reggae) inserendo linee di cantato melodiche e orecchiabili.
Come accaduto per molti generi musicali e per le culture annesse, spesso il mercato (musicale e non) fagocita, muta e confeziona una sottocultura al fine di renderla appetibile a una o più determinate fasce di pubblico. Per la cultura skate-punk questo passaggio è avvenuto in maniera inequivocabile; merchandising, marche e pubblicità hanno radicalmente rimpiazzato ciò che ai primordi era cemento, sudore, ribellione, fughe dalle forze dell’ordine, ma anche festa, pazzia e sarcasmo. Alla fine degli 90, l’industria musicale si trovò all’apice del benessere: il contesto musicale mutò radicalmente e con l’avvento dei canali televisivi i contenuti cambiarono rotta, in direzione di ironia, superficialità e leggerezza – nacque il Pop-punk, genere in voga nei primi duemila e macchina da soldi per magnati dell’industria discografica, un’ibridazione volta allo svuotamento dei contenuti le tracce, in nome di estetica e appetibilità.
Ma non occorre generalizzare: ad oggi resiste, talvolta oscurata dallo zoccolo duro dell’hardcore punk (del quale è il sottogenere) , una parte di movimento Skate Punk molto giovane (vedi i livornesi Crosswise Decay): c’è chi non ha ceduto alla perdita dei contenuti voluta dal commercio. Se saranno in grado di tramandare quel tipico grezzume spensierato degli skate park e quella voglia di rivalsa di una generazione capace di immaginare un futuro diverso, lo scopriremo in questo decennio.